domenica 11 marzo 2018

Un minuto

Campionato - 28^
FIORENTINA - BENEVENTO = 1 - 0
GOAL: Vitor Hugo
Niente pagelle, niente partita, niente takko ai' giro.
Un minuto, solo un minuto.
Un minuto per prendere un pennarello nero e personalizzare una sciarpa.
Un minuto per chiedere ad uno steward dagli occhi simpatici una deroga per accedere all'area riservata della tribuna e unire quella sciarpa a mille altre.
Un minuto per capire che gli occhiali da sole così fuori luogo con il tempo di giornata sarebbero stati invece decisivi.
Un minuto per leggere le istruzioni della coreografia.
Un minuto per vedere scendere in campo tutti quei "13" e sentire stringere la gola di nuovo.
Un minuto per sentire Jova in quella canzone che da oggi non potrai più ascoltare senza ricordarti le lacrime di oggi.
Un minuto per quelle formazioni senza fischi e senza "olè", lette di corsa quasi "a togliersi il dente".
Un minuto per realizzare il boato all'annuncio del numero 13.
Un minuto per capire che erano entrate in campo le squadre tanto il silenzio avvolgeva tutto. Irreale, mai sentito prima, ovattato ed ovattante per tutto quello che circondava il Franchi.
Un minuto per sentire le lacrime ancora più presenti.
Un minuto di silenzio, vero. Totale, immenso.
Un minuto che non finiva mai, dove sembrava di sentire il rumore dei treni della ferrovia vicino e lontana, tanto Firenze sembrava immobile e rispettosa.
Un minuto che non arrivava mai per far "esplodere" quella coreografia.
Un minuto che non finiva mai, di nuovo. Con le bandierine a cartoncino rigorosamente e di nuovo gli occhiali a far da inutile scudo e "L'ARIA CHE FA IL GIRO" tornava a beccarti di nuovo in faccia.
Un minuto per un angolo di chi ha scritto una poesia col cuore e trovava un cross perfetto per chi a numeri invertiti doveva sostituire chi non si può sostituire.
Un minuto per capire che la Fiorentina aveva segnato il gol del vantaggio, tanto era il silenzio che rimbombava.
Un minuto che di nuovo non arrivava mai, quel novantesimo e quei minuti di recupero.
Un minuto di giocatori sfiniti, sfibrati per la tensione del significato della giornata, crollati a terra al fischio finale.
Un minuto per l'ultimo coro.
Un minuto per l'ultimo saluto.
Un minuto per (ri)passare davanti a quella sciarpa, sfiorarla e dire ancora "CIAO DAVIDE".





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